U.T. era una di quelle persone, che vedeva il male accadere solo agli altri, convinto che a lui, non sarebbe mai successo niente.
Malattie gravi, perdita dei proprio cari, incidenti, erano cose fuori dal suo mondo. Vedeva queste disgrazie come ammonimento, per rimanere sempre in riga, per non uscire dagli schemi e rimanere così, intrappolato nella sua stessa vita.
Giorno dopo giorno, mese dopo mese, U.T. era sempre più convinto che se avrebbe fatto qualcosa di grave, non gli sarebbe accaduto niente. Il protagonista non può morire, si diceva.
Il dubbio lo mangiava dentro, lo consumava.
Dopo altri 3 mesi, U.T. si alzo dal letto quasi delirante di febbre, aprì l'armadietto dei fucili nello studio di suo padre, lo caricò e scese in strada.
Sul marciapiede si guardò attorno, per cercare la prima vittima: stranamente non c'era nessuno in quel momento. Questo era veramente un mistero perché erano appena le 10.00 di mattina e di solito il traffico non mancava mai.
Il fatto scosse U.T. a tal punto che lo fece desistere dalla folle impresa.
Ora era tutto chiaro. Qualcuno non voleva che il "protagonista" si comportasse in quella maniera perché sicuramente non gli sarebbe successo niente. Se avesse sparato a qualcuno e quindi avrebbe azionato fili che non esistono, probabilmente l'Universo sarebbe imploso, avrebbe cessato di esistere.
Così la vedeva U.T.
Non si sentiva egocentrico, ma era sicuro di aver ragione: qualcuno, forse Dio in persona aveva altri piani per lui.
Ma U.T. si sentiva in trappola, come in un videogioco, una società creata apposta per lui dove però non era libero.
Mentre fantasticava, vide sulla strada un cartello che non aveva notato prima: "lavori in corso, strada chiusa".
Quindi oggi non c'è nessuno perché la strada è chiusa, pensò, però sono sicuro che prima quel cartello non c'era. Sicurissimo.
Qualcuno stava cercando di pararsi il culo.
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