venerdì 29 luglio 2011

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venerdì 15 luglio 2011

Come possiamo
stare staccati,
lontani,
immobili,
mentre il tempo
sta per scadere
e non ritornerà mai.
Anche se non ci amiamo,
scordiamoci di morire.
Ne vale?
No.
E' uguale.

martedì 12 luglio 2011

Io
te.
Siamo qui, uno vicino all'altro, i nostri occhi si guardano, le nostre dita si sfiorano.
Ma pensa a quanto siano lontani tra loro, quegli atomi sui nostri polpastrelli, provenienti da mondi differenti, con storie così diverse, che si sfiorano per un millesimo di secondo per un millesimo della loro forma, prima di morire e venire sostituiti. Altri atomi, se avranno fortuna, ma solo pochissimi miliardi di atomi, si sfioreranno tra loro, disgraziati testimoni del sapere che esisti e non sei un'invenzione della mia mente. Universi microscopici esploderanno al contatto tra le nostre dita, pieni di gioia di aver avuto quel contatto. Subito, moriranno.
Come se potessimo vedere lassù, oltre la nostra atmosfera, attraverso lo spaziotempo, più indietro nel tempo e nello spazio, proprio lassù, dove stanno indicando i nuovi miliardi di atomi del mio indice, altre esplosioni di universi, di stelle, in collisione tra loro tra chissà quanti miliardi di anni fa. E se ci potessero guardare, potessero sentire i nostri atomi morire, vedrebbero solo il nulla, che c'era miliardi di anni fa e più. Tanto non ci distinguerebbero ugualmente, non esisteremmo divisi, per loro, talmente siamo piccoli. Vedrebbero un tutt'uno, io e te fusi con la terra la luna e il sole. Saremmo un puntino in esplosione, atomi morenti da qualche parte nel cosmo, persi nel vuoto, felici.
Come i nostri atomi in collisione.
Morenti felici.