La città sembrava esser stata inghiottita dal nero. I lampioni accesi sulle vie principali, creavano ombre arabesche che si inoltravano nei vicoli.
E il Mostro si aggirava in quegli anfratti bui della periferia. La nebbia costante della notte mascherava e nascondeva agli occhi dei passanti, i macabri avvenimenti della Via Rouge.
Infatti il Mostro, che da mesi colpiva indisturbato, massacrando con un martello le povere vittime; per lo più puttane e balordi di strada, sii trovava in quel momento, nel suo solito stato "creativo": il suo nuovo soggetto era una prostituta che aveva appena conosciuto. Dopo averla abbordata con fare da signore e portata nel vicolo, al buio, aveva tirato fuori il martello, e come fa uno scultore, stava lavorando per tirare fuori l'opera d'arte dal pezzo di marmo.
I passi di F. rimbombavano sull'asfalto bagnato dell'isolato affianco. Dopo una stressante giornata in ufficio aveva rincasato presto, trovando sua moglie a letto con l'amante.
Dopo averli uccisi entrambi in un raptus omicida, se ne era andato in giro, per scordare, per finirla, magari tirandosi da un ponte. Non restò turbato dal fatto commesso. Era indifferente. Ripensò a tutte le fasi del delitto.
Appena scoperta la moglie e l'amante, era corso nello scantinato, alla ricerca di qualcosa di contundente. Gli strumenti da lavoro erano allineati sul tavolo. Ebbro di follia, afferrò un martello, ma poi vide un machete e ripiegò su quello.
Fatti a pezzi senza difficoltà le proprie vittime, aveva riposto ogni pezzo in un saccone, poi aveva scavato una buca in giardino abbastanza grande per nascondere il tutto. Era stato attento a non lasciare macchie di sangue. Pulì per bene le armi e le ripose nel porta attrezzi, facendo attenzione a non far rumore. A notte fonda finì il lavoro. Poi uscì.
Mentre era assorto nei suoi pensieri, vide confusamente una sagoma di un uomo, che si muoveva violentemente su qualcosa. Si fermò, aspettò. Poi alcune grida soffocate gli giunsero all'orecchio. L'alcol in corpo a F. diede il coraggio di curiosare meglio e avanzò di qualche passo.
"Hey!" gridò F.
L'uomo si fermò di colpo, si girò, e poi scappò nella direzione opposta.
F. barcollando fece per inseguirlo, ma l'uomo si era dileguato troppo velocemente, lasciando cadere il suo strumento a terra, vicino alla vittima.
Il suono che produsse il martello cadendo sull'asfalto, fu così nitido, così forte, che per qualche momento F. confuse l'atmosfera reale col sogno. Fantasticò con la mente, e tutto gli sembrò più chiaro: l'assassinio di un altro essere, se miserevole e privo di moralità, poteva essere commesso, ma come un'artista crea la sua opera d'arte, senza nasconderla, senza averne paura.
Appena si risvegliò dalle fantasie, rimase per alcuni minuti a guardare la vittima del Mostro. Il volto era irriconoscibile e il sangue ricopriva tutto il corpo, creando a terra una sorta di forma artistica di carattere astratto.
Prese l'arma del delitto e la osservò.
Poco dopo, un passante gridò:
"Polizia, il Mostro, il Mostro!"
F. si girò, e poi scappò nella direzione opposta.
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