martedì 4 dicembre 2007

Nessuna via d'uscita.

Alba crudele e beffarda.
Sempre uguale, il tempo non scorre mai.
La città fredda e sporca si tinge di una luce grigia.
La parola che inspira nella mente è: Squallore.
Nessuna voglia di vivere.
Affacciato alla finestra guardo il mondo ricomparire e ricostruirsi.
Sempre al solito posto. Sempre uguale.
Nessuna via d'uscita.

Freddo d'inferno nel piccolo bagno della fabbrica.
L'urina fuma in faccia.
Fuori scorgo un ultimo bagliore di natura, l'unico che posso concedermi. E' un albero spoglio e triste. Niente che rallegri lo spirito.
Nella giugla di ferro, tubi e carrelli, gli uomini sono automi primitivi, privi di pensiero.
Il freddo e il lavoro congelano la razionalità.
Polmoni saturi di gas tossici.

Oggi un altro incidente, stavolta molto serio: una gru ha sganciato da 4 metri di altezza alcune sbarre di ferro. Un operaio è rimasto schiacciato dal violentissimo urto.
Ovunque, al posto del sangue e della carne, microchip e cavi colorati.
L'androide è stato già sostituito.
Il caso mi ha fatto pensare molto. Crisi d'identità: se succedesse a me, cosa schizzerebbe sul pavimento?
Non sono sicuro di niente.

Dal profondo, sento pulsare il cuore metallico del mondo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bella composizione,
c'� qualcosa dei "lamenti delle giornate" Di Laforgue, in una revisione delirante.