lunedì 10 gennaio 2011

Il racconto sospeso

Mezzogiorno.
Il grosso gatto bianco e nero si era addormentato sulle coperte del letto, messe sulla finestra del primo piano per prendere aria. Così, si affacciava, col suo musone assopito sulla piazza umida sottostante, vuota dell'ora di pranzo. Si sa che ai gatti piace stare in alto, per sentire e dominare tutto. Ma lui stava dormendo. Evidentemente si fidava. Oppure sapeva che a quell'ora non sarebbe successo niente di importante, e si poteva permettere di dormire indisturbato sul ciglio della finestra.
Infatti non succedeva niente. L'unico movimento, quasi impercettibile, era dato dal suo pelo, che si muoveva lievemente sotto il suo lungo respiro. Tutto era immobile, se non era per il gatto che respirava, e il vento che cullava gli alberi più alti.
Ad un tratto, dopo chissà quanto tempo, un cane spezzò il filo dell'immobilità apparente, entrando nella piazza dall'unica entrata sulla sinistra. Il gatto continuava a dormire lassù in alto, al sicuro, ignaro che sotto di lui, l'altro animale passava allegramente. Il cane scomparve dietro una porta semi aperta della piazza e tutto tornò nella calma più totale. (Sto inventando, quindi abbiate un pò di pazienza. Non ho assolutamente idea di dove voglio andare a parare. Lascio che piano piano, il racconto mi si sveli.) Poi, di nuovo quasi dal niente, un rumore e gli scuri della finestra di fronte a quella dove dormiva il gatto, si aprì lievemente. Era una bambina col vestitino rosa, molto graziosa, che adesso, aperta la finestra, cercava di montare sul davanzale. Così, senza un motivo. Una bambina, una finestra aperta ed un filo dei panni, che cominciò ad usare come una trapezista. Ma la bambina era piccola e non era affatto una trapezista. Fece giusto pochi passi sul filo robusto, che cadde nel vuoto con un urlo straziante che ruppe ancor di più, quel silenzio quasi sacro. Il gatto si svegliò di soprassalto e guardò fuori dalla finestra, nella piazza. Era ancora tutto fermo, assopito come lui. Tutto era immobile a mezzogiorno. Si stirò con le zampe sul viso, poi si riaddormentò.

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