Pensavo ai sogni guardando fuori dal finestrino, quando mi accorsi che il ragazzo grassoccio di fronte a me, leggeva L'interpretazione dei sogni. Ogni tanto staccava gli occhi dalla lettura del libro tutto sciupato, e con aria concentrata sembrava riflettere su quanto appena letto. Poi, prima di rituffarsi in quei caratteri fitti e minuscoli, lanciava uno sguardo a me, mezzo addormentato che pensavo ai sogni, e chissà cosa capiva dalle mie palpebre cadenti, dalla mia testa ciondolante. Mi sentivo una cavia. La cavia del piccolo, rotondo dottor Freud.
Alla fine, visto il mio recupero al mondo degli svegli, finì per posare il libro, dopo l'ennesimo momento di riflessione e si adagiò sul sedile chiudendo gli occhi. Chissà. O si era rotto, o voleva studiarsi.