domenica 9 dicembre 2007

Antropologia di un crimine

La realtà prende a calci senza preavviso.
Ero rimasto senza lavoro.
La ditta per cui lavoravo da anni, mi aveva avvisato il giorno stesso, con una telefonata.
Che modo infame, pensai, mi venne in mente che i loro cuori erano freddi, freddi e spietati, come le macchine con cui lavorano.
Alle ultime ore, mi sentii un cretino, volevo spaccare tutto. Ma non era nel mio stile.
Me ne andai a testa alta. Me ne andai bene.

Dopo che la fabbrica si era presa i miei anni migliori, strappandoli via dal petto, come una iena che banchetta con la sua carcassa, un forte senso d'abbandono permeava il mio spirito.
In più, Alice mi aveva lasciato da poco. Adesso dovevo vedermela da solo con le bollette e l'affitto.

La sera, non volendo tornare a casa, mi ritrovai a girare per le strade di periferia più sporche, i quartieri popolari della metropoli, alla ricerca di un bar, un pub, dove spendere gli ultimi soldi per bere, e magari per quella notte, scordarmi del resto del mondo.

Il giorno dopo, tornai a casa alle 16,00
Con addosso i postumi della sbronza, la casa sembra volermi abbattere, affogare tra le sue mura.
Ovunque guardassi; mobili, oggetti, specchi....tutto mi riportava alla mente lei.
Vomito.
Ho bevuto del caffè e mi sono sdraiato sul letto.
La nausea era ancora il mio nemico peggiore...
Dormii per non so quanto tempo. Forse un giorno.

Quando ormai mi sentii meglio, uscii con un'improvvisa voglia di riscatto.
Sulla porta d'ingresso trovai il proprietario del condominio. Non so come, ma era già a conoscenza del mio licenziamento. E visto che Alice se ne era andata, mi ha chiesto se ero sicuro di poter continuare a permettermi l'appartamento. Non ci sono state scuse per smuoverlo.
Il giorno stesso feci le valigie. Ma decisi di portare con me solo l'indispensabile.

Ancora, quella sera, mi ritrovai a girare senza una meta precisa...
per le strade, puttane e ubriachi, si intrecciavano nei vicoli scuri della metropoli suburbana.
Fra la massa di uomini-spazzatura, mi sembrò di vedere ancora Alice, che scompariva come un fantasma tra i rifiuti e gli angoli bui.
La stanchezza e i crampi allo stomaco mi fecero girare presto la testa.
Mi accasciai sul marciapiede come una foglia morta.
Tutto intorno si fece buio, a poco a poco...ricordi sconnessi: un viso, un eco di parole lontane...
le luci dei lampioni ondeggiavano incandescenti.

Ci vollero secoli per riprendermi, e molti calci. Uno sbirro mi pestò per bene, prima che potessi alzarmi. Per poco non mi arrestava. Forse almeno avrei trovato vitto e alloggio gratis.

Camminai fino ad una chiesa, la guardai con disprezzo. Nel momento del bisogno, la gente prega invece di agire.
A Dio non sarebbe importato niente di me.

La fame mi mangiava dentro.
Cercai per ore in giro, un lavoro qualsiasi. Niente.
Quella sera riuscii a mettere qualcosa sotto i denti. Rifiuti trovati nella spazzatura. Ma quante cose ancora mangiabile buttano via?

Le notti all'aperto tempravano il corpo e annebbiavano la mente.
Sull'orlo di una crisi, brancolai tra i vicoli alla ricerca di cibo.
Tra l'immondizia trovai un coltello grande, di quelli che tagliano le carni nei ristoranti.
Era arrugginito e non aveva più il filo. Mentre lo fissavo, notai che nonostante la ruggine, la mia immagine distorta era riflessa nell'acciaio, come una visione onirica di un mostro. Rimasi affascinato da quell'oggetto.
Sapeva, lui conosceva la mia disperazione. Si sentiva come me: eravamo simili. due rifiuti del mondo in cui sono nati. Rifiuti per colpa di chi?
Mi sentì invadere da una scossa, una nuova cosapevolezza di me stesso. Una parte di me, che non conoscevo, prese il sopravvento.
In quel preciso momento, un uomo e sua moglie entrarono nella via.
Nascosi il coltello, e li fissai: era una coppia di distinti signori. Cosa ci facevano da quelle parti?
Nascosto dal buio, li guardai venirmi incontro. L'impugnatura della lama, divenne improvvisamente calda e benevola, come qualcosa di familiare.
Lo maneggiai con destrezza.

Due ore dopo, stavo mangiano con i soldi delle mie prime vittime.
La mente sgombra dai pensieri. Una macchia di sangue era ben esposta sul cappotto.

Il coltello risvegliò l'stinto animalesco, che dormiva in me da sempre. Quell'istinto di sopravvivenza, che noi, animali domestici, stiamo perdendo sempre più.

Vidi il mondo con un altro occhio, quello del detto: occhio per occhio, dente per dente.
Volevo riprendermi quello che mi avevano tolto.
Finito di mangiare, la realtà acquisto il suo normale potere.
Misi la lama in tasca, e me ne andai.

Avevo ancora ancora fame.

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