I poliziotti fecero irruzione nel vecchio hotel fracassando la porta d'ingresso.
Nella hall vuota, rimbombavano i rumori dei passi e delle urla del commissario.
Gli scarafaggi scomparvero sotto i divani e nei muri.
Al 4° piano, la belva era in agguato.
Aveva già ucciso 3 sbirri e poi altri civili. Adesso tutta la polizia e i corpi speciali erano in allerta.
Non sapevano bene cosa fosse realmente. Era fuggito da un laboratorio uccidendo gli scienziati e le guardie della security.
Sapevano solamente che non era umano. Forse lo era stato una volta, prima di morire, ma ora aveva perso tutte le caratteristiche di un uomo. Tranne per i sentimenti primordiali.
Era diventato un mostro, gli avevano alterato il fisico con anni di esperimenti, senza diritti si erano impossessati del suo corpo, anzi, del suo cadavere, e lo avevano riportato in vita e modificato a loro piacimento.
Si sentì sfruttato e così decise di ucciderli tutti e scappare. Si voleva nascondere, scomparire. Pensò persino di togliersi la vita.
Nella camera appena illuminata del 4° piano, si guardò in uno specchio a mura, la sua figura intera, riflessa nello specchio. Era orribile. Pianse.
Di sotto invece, la potenza e la cattiveria regnavano. I poliziotti avevano già perlustrato i piani inferiori ed erano sempre più vicini.
Forse era meglio così, penso la belva. Non sono più umano, sono già morto una volta, meglio aspettare che i poliziotti mi facciano fuori. Come biasimarli? Me lo merito. Per loro sono solo un'animale.
Intanto il commissario, un uomo obeso, stretto nella sua uniforme pluridecorata, teneva alto il morale delle truppe. Gridava a squarciagola. usando termini da film poliziesco: era un suo divertimento, si sentiva importante. Incitava a fare fuoco su qualsiasi cosa si muovesse, qualsiasi cosa sospetta, di agire senza pietà, di sfondare qualsiasi porta. Gli agenti dal loro canto, si aggiravano nell'hotel vuoto e stantio, tenendo alta la sceneggiata del loro comandante.
Al 4° piano intanto, la belva, spoglia di ogni suo vecchio aspetto umano, ma disperato come l'essere più umano al mondo, aspettava la sua fine.
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