giovedì 29 maggio 2008

Camera mia

La mobilia familiare se ne stava impassibile e immobile nella stanza. Mi ignorava. Sono certo che lo faceva deliberatamente. Io stavo male, e loro...loro mi ignoravano, me, me...la loro freddezza mi faceva male e aiutavano ad agitare il mio malessere. Sprofondato in un tempo molle, allungato, spostato e stanco, cominciai a dare un ordine ai pensieri. Ma quali pensieri? Una fitta nebbia solida aveva preso il posto del mio cervello, mentre, più in basso, qualcuno stava facendo roteare il mio stomaco.
Intanto, supino sul letto, rimanevo a fissare con gli occhi spenti, ogni particolare della libreria, senza tuttavia vederla realmente. Erano immagini senza senso, come tentare di leggere caratteri sconosciuti di una lingua straniera. I libri, i soprammobili, i dischi: tutto era lontano anni luce da me. Invano tentai di trovare una posizione comoda, una di quelle posizioni che ti fa sentire meno la nausea che spinge il ventre e lo comprime.
Tutti quegli oggetti che conoscevo così bene, mi davano noia. Freddi e impassibili. Volevo gridargli contro ma al solo pensiero di alzarmi e sbraitare, mi faceva stare male.
Non dovevo far altro che aspettare che la sbronza passasse, immobile, in qualche posizione "comoda" concentrandomi su qualche particolare da fissare.
Camera mia non mi stava di certo aiutando.

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