giovedì 10 gennaio 2008

Smarrimento

Così mi ritrovo a migliaia di chilometri dal mondo moderno, sulle colline vicino al monte Meru, in Tanzania.

Sono passate tre settimane da quando partii dall'Italia e già ne sento una tremenda mancanza.
Sdraiato su di un prato, osservo il paesaggio intorno. Tutto così selvaggio e dannatamente ostile. Non una casa, una strada asfaltata, un segno di civiltà. Ma come fanno a vivere qui?

Un ragazzo della tribù Hebe sta preparando un riparo per la notte. Lo osservo mentre lavora. E' veloce e in poco tempo crea un riparo invitante per tutti.
Questa è la sua vita, penso. Darsi da fare per la sopravvivenza. Eppure sembra essere in forma, sembra vivere felice.
Cosa so fare io invece per loro? Sono venuto qua con una missione umanitaria, per aiutare questa povera gente, ma appena ho cominciato a muovermi per questi paesaggi, una sensazione di smarrimento mi ha inondato.
Chi aiuta chi? Chi ha veramente bisogno di una mano? Se le loro tribù avessero un clima migliore e minori malattie infettive, adesso sarebbero loro a portare aiuti in Europa, per insegnarci a vivere meglio.

Mentre vengo colpito da una sensazione di totale smarrimento dell'Io, guardo le mie mani: Chi sono? Non le riconosco. Sono mani di un uomo che non ha istinti naturali, che non ha sogni, che non sa niente delle sue origini, di come potrebbe essere la vita per lui nel Vero Mondo.
Il mio mondo di plastica mi ha estratto da tutto, rendendomi automa incapace di pensare, di vivere.

Nonostante le enormi difficoltà, credo che prolungherò il mio viaggio.
Voglio conoscere l'uomo, conoscere me stesso.

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